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Una vergogna senza fine.

Non c’è nessun imbarazzo ad esser (ed esser stato) uomo di sinistra. Non deve esistere nessun velo di ignomia nell’aver vestito la toga da magistrato. Non è questo il momento di parlare dell’esito dei ballottaggi ma Giuliano Pisapia e Luigi de Magistris possono affrontare a testa alta il futuro che li attende e lanciarsi in due avventure tanto difficili quanto affascinanti. Non so se potranno godere della stessa serenità i provocatori pennivendoli che girano, stracciandosi le vesti, attorno al fantastico universo berlusconiano. Dalla home page di “Libero” sembrerebbe proprio di no. La risposta alle provocazioni sono le bandiere, la gente in piazza, un sorriso che sa di speranza, la passione che torna a scuotere animi assopiti; siamo noi che ancora crediamo in un paese migliore.

La nostra goduria è amplificata dall’astiosa reazione di questi rigattieri della parola. A noi la gioa. A voi i postumi della sbornia più indecente.

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Berlusconfitto.

Non il risultato, nè il futuro, ma l’elemento che emerge più forte da questa tornata elettorale è il desiderio, e la richiesta, di trasparenza. Già perchè se ci si può, e ci si deve, dividere su idee, ideali e programmi, non ci si può permettere di raccontare, spacciandola come incontrovertibile, la propria versione della verità, disconoscendo l’oggettività da cui è necessario partire per compiere un’attendibile analisi politica sui risultati delle ultime amministrative. Non tanto per fare contento, o meno, qualcuno, ma per il rispetto assoluto che si deve al popolo elettorale. Perchè parlare delle elezioni, senza accennare a quel triste e macabro mosaico di dichiarazioni, comunicati stampa, conferenze e controsmentite, sarebbe come riferirsi al nulla. Quando vedi e ascolti i soli Quagliariello, La Russa, Formigoni, Verdini, Cicchitto, Stracquadanio, farneticanti, in una strenua ed imperterrita difesa, stile trincea militare, del boss e delle sue pedine elettorali(Moratti e Lettieri), capisci che non c’è limite all’indecenza. Non chiedo, nè lo farei mai, di rinunciare alle proprie convinzioni, legittime come quelle degli altri in un sistema democratico, tantomeno di desistere nel sostenere ogni strategia difensiva legittimata dal buon senso, oltrechè dalla legge, ma esigo, come cittadino la verità (quella ontologica ). Poco ci interessa se, per questa volta,  verità non fa rima con vittoria. Non è onesto, nè politicamente nè intellettualmente, affermare che il risultato di Milano è compensato da quelli ottenuti dal Pdl in comuni e province di piccole e medie dimensioni, per lo più se si vuole, ad ogni costo, forzare i concetti, piegandoli ai propri comodi ed interessi, arrivando a considerare come eccezionale l’approdo al ballottaggio in molti di questi. Insomma si vuol far passare l’idea che una palese, e scottante, sconfitta nella città cardine del berlusconismo sia totalmente compensata dai dati di centri come Cosenza, Crotone, Caserta,Etc.. A perdere, possiamo dirlo senza tema di smentita, non è solamente una fazione politica, ma un modo di pensare, di operare, un sistema propagandistico che mira allo stomaco dell’elettore, che insulta l’avversario senza proporre.

Proprio per questo, per tirarci fuori da perversi cunicoli edificati dal retropensiero, per evitare che tutto si riduca a fenomeno di costume, al fine di interpretare correttamente i responsi delle urne, per dire con chiarezza chi ed in che modo ha vinto(o perso) ci corre l’obbligo di partire dai numeri. Per quanto riguarda Torino, i dati parlano di una netta affermazione di Fassino (56,7% delle preferenze contro il 66% ottenuto dal candidato sindaco pd alle elezioni 2006) con un blocco che va dal Pd a Sel, in cui l’Idv ed il partito di Vendola tengono bene (rispettivamente 4,76 e 5,65%). Vittoria mai messa in discussione per due motivi principali: l’inconsistenza dell’avversario Michele Coppola e l’eredità di buon governo lasciata dall’amatissimo Chiamparino. Ottima performance del movimento 5 stelle (5 %) che, seppur di una manciata di voti, sopravanza Musy, candidato del terzo polo. A Bologna Merola, candidato Pd appoggiato anche qui da Sel e Idv riesce ad evitare il ballottaggio all’ultima staccata, arrivando al 50,5%  dei consensi. Affermazione tutt’altro che scontata se consideriamo i disastri prodotti negli ultimi anni dal centrosinistra cittadino e da un avversario, Manes Bernardini della Lega Nord, dato in forte ascesa. Nella città di Fini e Casini, delude il terzo polo, conquistando uno striminzito 5,1 %; contrariamente, Massimo Bugani, rappresentante del popolo dei grillini, ottiene uno strepitoso 9,5%. Qui il movimento 5 stelle è e sarà molto più che un fattore. Napoli ha confermato i problemi strutturali del Pd campano ma se una certa disaffezione dell’elettorato si poteva preventivare causa palese incapacità della classe dirigente del centrosinistra, si è perseverato nell’errore, prima con delle primarie “poco limpide” e poi con una scelta, caduta sull’ex prefetto Morcone che, definire affrettata ed azzardata suona eufemistico. Risultato il candidato sindaco Pd arriva appena al 19,1%, rimanendo escluso dal ballottaggio a vantaggio del candidato di Sel ed Idv , l’ex magistrato de Magistris (27,5%). Ma se a sinistra non si ride, in casa Pdl di certo non possono gioire; infatti Lettieri (38,5%), candidato per il centrodestra si aspettava di vincere al primo turno, forte soprattutto dei danni fatti, in passato, dalla parte avversa. Se così non è stato lo si deve anche alla candidatura del professor Pasquino, per il terzo polo che, con il suo 9,7%, sarà decisivo in sede di ballottaggio. L’affermazione di Pisapia a Milano, getta sale sulle ferite di una Moratti indebolita e spalanca scenari imprevisti ed imprevedibili fino a pochi giorni fa, , amplificando la crisi interna al Pdl. Perchè nella storia moderna di questo paese, Milano ha sempre indicato, in anticipo, la via del cambiamento. Il candidato del centrodestra perde più di 10 punti rispetto alle precedenti elezioni (41,5 contro 52% del 2006), mentre il terzo polo con Palmeri porta a casa un discreto 5,5 % che accontenta più l’ Udc che Fli. Buon risultato anche per il giovanissimo Mattia Calise del movimento 5 stelle che ottiene un onorevole 3,2%.

Tra tante incertezze, l’esito di queste elezioni ci consegna due verità incontrovertibili; lo stato parrossistico del centrodestra italiano fa rima con la voglia di cambiamento, di costruire un’alternativa seria, che anteponga gli interessi della collettività a quelli del singolo. Un’ alternativa con molte anime; da quella preponderante riformista del Pd, passando per l’Idv, fino a quella sinistra moderna, rappresentata da Sel che non rinuncia però alla sua anima radicale.  Nel frattempo la splendida novità del movimento 5 stelle diventa ormai concreta realtà nazionale; andando a scompaginare assetti ed equilibri, prova a portare la politica oltre i classici schemi. Il messaggio forte e chiaro arriva da Milano e Napoli. E il Pd dovrà coglierlo in pieno. Pisapia, anima della sinistra radicale milanese ha sfidato, e battuto, il candidato espressione del Pd alle primarie, per poi sconfiggere nettamente la Moratti; Luigi de Magistris, candidato Idv e Sel a Napoli ha battuto nettamente l’uomo del Pd, Morcone. Quindi se di vittoria si può parlare, occorre riferirsi ad un successo dell’ opposizione nel suo complesso e non del solo Pd che, anzi, dovrà interrogarsi su alcuni punti deboli: meccanismo delle primarie, scelta dei candidati, definizione delle alleanze. A Milano un uomo di sinistra ha guidato la coalizione contro pdl e lega, a Napoli un candidato altrettanto radicale ha cancellato il Pd; non è limitante, e presuntuoso, pensare che i voti (tanti) confluti in Sel ed Idv siano soltanto voti di protesta, o di pazzi estremisti esaltati? Perchè rincorrere i “moderatamente indecisi” del terzo polo, quando a sinistra esiste una parte di cittadini non (male) rappresentata?  Non si rischia di snaturare l’idea di centrosinistra? Rincorrendo Casini e co. non esiste il fondato pericolo di ripetere la terrificante esperienza dell’Ulivo? Non ci resta che attendere i ballottaggi. E le decisioni di Bersani.

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