L’equità che ci hanno raccontato

Dalle lacrime del Ministro Fornero, eminente esperta di sistemi previdenziali, il cittadino comune, immagina, o si sforza di credere, che alternativa non ci fosse. Senza speculare sulle emozioni, che per fortuna anche i tecnici hanno ed esternano, c’è da chiederselo veramente, tentando di tener fuori dalla discussione interessi di parte, singoli casi e personalismi. Va bene le “lacrime”, giusti i sacrifici, ma davvero non c’era un’altra strada per rendere questi sforzi più giusti, proporzionali e proporzionati alle vite, ai lussi, ai sacrifici di ognuno di noi?

Ad una prima, veloce, letta della bozza di manovra, tra i tanti dubbi, una certezza, netta, riusciamo a ricavarla. No, non parlo dell’equità, almeno di quella che ci si attendeva, ma dei soggetti e degli oggetti coinvolti. Già, chi paga cosa. Quasi, come una ineluttabile profezia, degna dell’oracolo di Delfi, come truculenta costante, i sacrifici, quelli degni di essere chiamati tali, saranno chiesti (così pare) a chi lavora, o ha avuto la “fortuna” di farlo arrivando con fatica alla pensione, a chi dichiara e non elude, insomma a quella che, con un’accentuata vena di pressappochismo, viene definita, ancora, classe media. Quei rimasugli del ceto medio che hanno saputo resistere in un’Italia che stentano a riconoscere, quella parte della popolazione che si va, via via, estinguendo, ma che nonostante tutto è capace di sopportare (ma ancora per quanto?) ed aiutare i figli, o magari i figli dei figli.

Qui non si tratta di invocare sanzioni draconiane, o adottare fantasiose, e poco ortodosse,  leggi del contrappasso. Certamente non si vuole demonizzare la ricchezza in quanto tale. Tutto ciò sarebbe degno di popoli e nazioni distanti, nel tempo e nello spazio, dalla nostra storia, da quella cultura millenaria che è arrivata pressochè inalterata a noi. È proprio (in)seguendo l’altissimo concetto di democrazia, che poi fa rima con quello, largamente sbandierato, di equità, che mi sembrano inappropriati, se non parrossistici la gran parte degli interventi contenuti in questa ennesima manovra. Misure inique che, di riffa o di raffa, accentuano una spaccatura sociale, ed economica, tra quel 10% della popolazione che detiene oltre il 50% della ricchezza netta italiana, ed i cittadini comuni.

Sperequazione che si palesa nettamente nella stragrande maggioranza di questa manovra; dalla deindicizzazione delle pensioni (per quelle superiori ai 936 euro lordi!!) che colpirà il 76,5 % dei pensionati, e speriamo sia rivista (pare fino a 1400 euro per un solo anno), alla scure dell’ IMU (la nuova imposta che andrà a sostituire la vecchia Ici), che si abbatterà sulle teste di tutti i cittadini senza discriminante alcuna. La nuova imposta peserà molto di più sui patrimoni (immobili) di (quasi) tutti gli italiani rispetto alla precedente, data la rivalutazione del valore catastale (+ 60%).
Per non farsi mancare proprio nulla, ecco l’ennesimo rincaro, immediato, su carburanti (8,2 cent sulla benzina, 13 per il diesel) ed imposte indirette;vedi l’IVA che aumenterà di 2 punti percentuali, senza nessuna differenziazione tra beni e servizi su cui gravava l’imposta del 10% e quelli per cui si era arrivati (ultimamente) al 21%. Per abituarsi all’idea ci sarà tempo; l’aumento dell’IVA avverrà solo a partire dall’ottobre del 2012 (cui farà seguito un ulteriore innalzamento di 0,5% dal 1 gennaio 2014); tempo per comprare il panettone, affannarsi nella rincorsa all’ultimo dono, cucirsi addosso il sorriso delle migliori occasioni, far finta che tutto vada bene, o almeno meglio di come qualche malpensante tragicomico aveva preconizzato; così da addormentarsi tra i migliori propositi per l’anno che verrà in nome di nostro signore “ottimismo”, per risvegliarsi in un paese che non c’è (più).
E sull’altro piatto della bilancia, quella dell’eguaglianza, della solidarietà, cosa c’è? In che modo sono chiamati a contribuire i veri privilegiati? A parte l’ulteriore tassazione dell’1,5% (!!) dei capitali già scudati (misura sulla quale grava più di una perplessità in merito alla concreta attuazione), nel testo proposto dal Prof. Monti possiamo scorgere il cosiddetto “superbollo”, che graverà, a partire dal 2012, sui proprietari di veicoli superiori ai 185 chilowatt, con una maggiorazione di 20 euro ogni chilowatt eccedente il predetto limite.  Si colpiscono auto, considerate di lusso, e barche, attraverso una specifica tassa, detta di stazionamento che varierà in base alla grandezza dell’imbarcazione (da 5 euro al giorno per gli scafi più piccoli fino a 703 per quelli superiori ai 64 metri), e non i proprietari, gli uomini, i loro patrimoni. Così pagherà sempre e comunque quella parte di popolazione abbiente, ma onesta, che non nasconde, se stesso, ed i suoi averi, dietro gli archetipi dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Buoni propopositi arrivano dal taglio delle buonuscite per i supermanager, dallo stop alle cariche incrociate; ma, francamente, ci sembra poco, troppo. Non basta chiamarli “Nuovi noti”, non è sufficiente il contributo del 15% (percentuale rivista, la precedente era 25%) sulle pensioni superiori ai 200000 euro,  a regalarci la certezza che tutti diano, quello che possono. No perchè la sensazione è che si vada a colpire non chi è ricco, ma chi non è povero, insomma coloro che quel frammento di serenità se lo sono sudato, in modo da ridurre un numero sempre maggiore di cittadini ai limiti dell’indigenza, evidenziando quel divario a cui ho fatto riferimento precedentemente.

A forza di tagli e sacrifici, lo sviluppo e la crescita sembrano rinviati per l’ennesima volta. C’è chi parla di un avvitamento dell’economia italiana su stessa, io preferirei definire questa condizione come spirale, inflazionistica ma non solo, che, se non affrontata con cure più adeguate, rischia di fagocitare ricchezze e certezze degli italiani, trascinandosi dietro prospettive ed attese faticosamente sopravvissute.

Così tra un emendamento e l’altro, tra una conferenza stampa ed una cena a Bruxelles, mentre lo schifo di quatrro (non tutti) politicanti (non politici) si batte eroicamente nella difesa di certi privilegi, c’è un’Italia che piange silenziosamente, in case (per chi ce l’ha) umili che significano una vita di sogni e di rinunce, ma che, ostinatamente, non molla la propria dignità. Ci sono sguardi delusi, grida d’aiuto cha cadono nel nulla e spalle piegate da promesse pesanti puntualmente disattese. E c’è un passato troppo ingombrante che non riesce a lasciar spazio al futuro.
Sotto la grande bandiera dell’uguaglianza siamo un popolo di soli in mezzo a tanti.
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