Dalle lacrime del Ministro Fornero, eminente esperta di sistemi previdenziali, il cittadino comune, immagina, o si sforza di credere, che alternativa non ci fosse. Senza speculare sulle emozioni, che per fortuna anche i tecnici hanno ed esternano, c’è da chiederselo veramente, tentando di tener fuori dalla discussione interessi di parte, singoli casi e personalismi. Va bene le “lacrime”, giusti i sacrifici, ma davvero non c’era un’altra strada per rendere questi sforzi più giusti, proporzionali e proporzionati alle vite, ai lussi, ai sacrifici di ognuno di noi?
Ad una prima, veloce, letta della bozza di manovra, tra i tanti dubbi, una certezza, netta, riusciamo a ricavarla. No, non parlo dell’equità, almeno di quella che ci si attendeva, ma dei soggetti e degli oggetti coinvolti. Già, chi paga cosa. Quasi, come una ineluttabile profezia, degna dell’oracolo di Delfi, come truculenta costante, i sacrifici, quelli degni di essere chiamati tali, saranno chiesti (così pare) a chi lavora, o ha avuto la “fortuna” di farlo arrivando con fatica alla pensione, a chi dichiara e non elude, insomma a quella che, con un’accentuata vena di pressappochismo, viene definita, ancora, classe media. Quei rimasugli del ceto medio che hanno saputo resistere in un’Italia che stentano a riconoscere, quella parte della popolazione che si va, via via, estinguendo, ma che nonostante tutto è capace di sopportare (ma ancora per quanto?) ed aiutare i figli, o magari i figli dei figli.
Qui non si tratta di invocare sanzioni draconiane, o adottare fantasiose, e poco ortodosse, leggi del contrappasso. Certamente non si vuole demonizzare la ricchezza in quanto tale. Tutto ciò sarebbe degno di popoli e nazioni distanti, nel tempo e nello spazio, dalla nostra storia, da quella cultura millenaria che è arrivata pressochè inalterata a noi. È proprio (in)seguendo l’altissimo concetto di democrazia, che poi fa rima con quello, largamente sbandierato, di equità, che mi sembrano inappropriati, se non parrossistici la gran parte degli interventi contenuti in questa ennesima manovra. Misure inique che, di riffa o di raffa, accentuano una spaccatura sociale, ed economica, tra quel 10% della popolazione che detiene oltre il 50% della ricchezza netta italiana, ed i cittadini comuni.
Buoni propopositi arrivano dal taglio delle buonuscite per i supermanager, dallo stop alle cariche incrociate; ma, francamente, ci sembra poco, troppo. Non basta chiamarli “Nuovi noti”, non è sufficiente il contributo del 15% (percentuale rivista, la precedente era 25%) sulle pensioni superiori ai 200000 euro, a regalarci la certezza che tutti diano, quello che possono. No perchè la sensazione è che si vada a colpire non chi è ricco, ma chi non è povero, insomma coloro che quel frammento di serenità se lo sono sudato, in modo da ridurre un numero sempre maggiore di cittadini ai limiti dell’indigenza, evidenziando quel divario a cui ho fatto riferimento precedentemente.
A forza di tagli e sacrifici, lo sviluppo e la crescita sembrano rinviati per l’ennesima volta. C’è chi parla di un avvitamento dell’economia italiana su stessa, io preferirei definire questa condizione come spirale, inflazionistica ma non solo, che, se non affrontata con cure più adeguate, rischia di fagocitare ricchezze e certezze degli italiani, trascinandosi dietro prospettive ed attese faticosamente sopravvissute.
… andremo a finire come la grecia….